L'ultima orsa della Valgerola

Di notevole interesse storico è il cranio di una femmina di orso bruno esposto in una vetrina nella sezione faunistica del museo, insieme al proiettile e a un fucile dello stesso modello di quello usato per l’abbattimento.

Era il 4 luglio 1887 quando, nel corso di una battuta di caccia al camoscio, Giovanni Gualteroni di Morbegno, ai tempi proprietario dell’edificio che oggi ospita il museo, e Giovanni Battista Acquistapace di Gerola uccisero una femmina di orso, sorpresa con il suo cucciolo sui pascoli in località Foppe di Pescegallo, a circa 1870 m di quota, più o meno nella zona dove oggi si trovano gli impianti sciistici. Da quella data, in Valgerola e nelle vallate vicine non furono più avvistate femmine con cuccioli: l’orso bruno era ancora presente con qualche esemplare, ma ormai non si riproduceva più e da lì a pochi anni sarebbe definitivamente scomparso.

Il racconto originale della battuta di caccia, scritto dallo stesso Gualteroni e pubblicato sulla “Tribuna Sportiva”, dimostra come ai tempi fosse diversa la sensibilità nei confronti di questa specie, ritenuta molto pericolosa e di conseguenza da eliminare. Era previsto anche un compenso per chi uccideva orsi, lupi e linci. In effetti per un’agricoltura e un allevamento di sussistenza la perdita di anche un solo capo di bestiame poteva comportare gravi problemi.

Solo di recente, a seguito del progetto di reintroduzione “Life Ursus”, promosso dal Parco Naturale Adamello-Brenta, e di altri che si sono susseguiti nel tempo, l’orso è riapparso in più occasioni in provincia di Sondrio.